Cos'è e come affrontarla
L’obesità è un problema diffuso nel nostro Paese, ma la maggioranza delle persone – anche quelle che soffrono di obesità – conosce poco questo problema. Le informazioni imprecise portano le persone affette da obesità ad avere idee sbagliate sulle cause del loro problema, a intraprendere trattamenti non adeguati e, in alcuni casi, a scatenare o aggravare la loro condizione di obesità.
Qui sono riportate in modo sintetico le conoscenze scientifiche più aggiornate sull’obesità
L’immagine corporea svolge un ruolo vitale nel benessere e nello sviluppo psicologico degli adolescenti. Tuttavia, i cambiamenti rapidi e significativi della forma del corpo durante la pubertà si associa spesso allo sviluppo di vari gradi di insoddisfazione corporea.
Quali sono i meccanismi attraverso cui social media possono influenzare lo sviluppo dell’insoddisfazione corporea e dei disordini alimentari
Non è più sostenibile affermare che i disturbi dell’alimentazione siano rari tra i maschi. Mentre la preoccupazione principale delle ragazze e delle donne con un disturbo dell’alimentazione è quella di essere troppo grasse, i maschi tendono a preoccuparsi di non avere abbastanza massa muscolare.
I maschi con disturbi dell’alimentazione soffrono di molte complicazioni mediche. Queste sono le conseguenze della restrizione dietetica calorica, del basso peso, dell’esercizio fisico eccessivo e dei comportamenti purgativi (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e diuretici).
Cosa sono, come affrontarli?
AIDAP ha promosso lo sviluppo e la ricerca della terapia cognitivo comportamentale (CBT) per i disturbi dell’alimentazione.
- Nei pazienti che non sono sottopeso, la CBT-E ambulatoriale generalmente prevede un appuntamento iniziale di valutazione/preparazione seguito da 20 sedute individuali in 20 settimane, della durata di 50 minuti ciascuna. Le prime 8 sedute sono eseguite 2 volte la settimana per sviluppare il cosiddetto “slancio terapeutico”. In seguito, le sedute sono eseguite una volta la settimana e, nella fase finale della terapia, le ultime tre sedute sono effettuate ogni due settimane.
- Nei pazienti che sono sottopeso, il trattamento è più lungo, potendo spesso prevedere 40 sedute in 40 settimane. In questa versione della CBT-E, inizialmente le sedute sono eseguite 2 volte
la settimana. Poi, quando il miglioramento avviene a un ritmo costante, le sedute sono eseguite una volta la settimana e nell’ultima fase del trattamento una volta ogni due settimane.
Dai disturbi alimentari se ne esce
Negli ultimi anni è stato proposto da alcuni gruppi di ricercatori il digiuno intermittente come modalità alimentare per provocare, attraverso complesse risposte cellulati adattive, il miglioramento della resistenza insulinica, dell’obesità, della dislipidemia, dell’ipertensione arteriosa e delle funzioni cognitive, l’aumento della resistenza allo stress, la soppressione dell’infiammazione e l’incremento dell’aspettativa di vita.
https://www.aidap.org/.../lalimentazione-regolare-non-il.../
Sebbene non ci siano differenze significative in termini di perdita di peso e miglioramento dei fattori di rischio cardiovascolari tra digiuno intermittente e dieta moderatamente ipocalorica continuativa, studi retrospettivi e basati sulla metodologia ecological momentary assessment hanno dimostrato che l’alimentazione ritardata (cioè passare molte ore durante il giorno senza mangiare) e la restrizione estrema e rigida aumentano la preoccupazione per il cibo e il rischio di sviluppare episodi di alimentazione in eccesso e di abbuffata.
Tra atleti maschi e femmine ci sono delle differenze, per esempio i diversi livelli di ormoni sessuali e di densità minerale ossea, che dovranno essere studiate attentamente. Attualmente i pochi dati che abbiamo sui maschi derivano solo da studi trasversali. Uno studio, per esempio, ha trovato che i fantini che mantengono intenzionalmente un basso peso, hanno una massa ossea inferiore rispetto ai pugili. Un altro studio ha osservato che lan altro studio ha osservato che la massa ossea a livello della colonna lombare può essere bassa negli atleti che praticano la corsa di resistenza e il ciclismo. La gestione degli atleti che mangiano poco è, non sorprendentemente, quella di mangiare più cibo, raccomandando una dieta salutare con pasti e spuntini regolari che include un’adeguata quantità di calcio e vitamina D. Convincere gli atleti a mangiare di più però non è sempre facile, in particolare se devono rimanere in una categoria di peso, come i lottatori, o se traggono dei vantaggi a essere più leggeri, come i saltatori e i fantini. Una strategia che spesso funziona è sottolineare che una corretta alimentazione e un buono stato nutrizionale migliorano la prestazione atletica.
L’anoressia nervosa (AN) è un disturbo prevalentemente femminile con un rapporto 10:1 tra femmine e maschi, una prevalenza lifetime tra i maschi dello 0,2-0,3% e un’incidenza inferiore a 1 per 100000 persone-anno. L’AN è un disturbo con elevata mortalità, ma gli studi di mortalità effettuati nei maschi sono pochi e quelli disponibili hanno valutato campioni di piccole dimensioni con brevi tempi di follow-up.
https://www.aidap.org/.../aumento-della-mortalita-nei.../
Lo studio ha dimostrato che i pazienti maschi con AN hanno un incremento della mortalità quattro volte superiore rispetto ai maschi della popolazione generale, ma che arriva a nove in quelli con comorbilità psichiatrica e a 11 volte in quelli con disturbo da uso di alcol, mentre quelli senza comorbilità psichiatrica non mostrano differenze in termini di mortalità con la popolazione generale. La comorbilità psichiatrica sembra influenzare l’aumento della mortalità per cause non naturali, aumentando il rischio di suicidio e autolesionismo, e se c’è la coesistenza di un disturbo da uso di alcool, anche per cause naturali per la combinazione di malnutrizione, cirrosi epatica, aritmie, convulsioni e intossicazione.
I rituali alimentari sono comportamenti problematici osservati comunemente nelle persone con anoressia nervosa. Tuttavia, la ricerca ha scarsamente studiato il loro ruolo sugli esiti del trattamento.
https://www.aidap.org/.../uno-studio-longitudinale-sui.../
Un recente studio pubblicato su Frontiers in Psychology dall’equipe del Dipartimento dei Disturbi dell’alimentazione di Villa Garda ha valutato in 90 pazienti affetti da anoressia nervosa trattati con con 20 settimane di terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E) intensiva residenziale la presenza di rituali alimentari, la loro modificazione nel tempo e il loro ruolo come predittori di esito del trattamento. I pazienti sono stati valutati al basale, dopo 4 settimane e alla fine del trattamento e dopo 6 mesi dalla dimissione con l’intervista Eating Disorder Examination (EDE.16), il Brief Symptom Inventory (BSI), lo Starvation Symptom Inventory (SSI) e una check list di 9 item dei rituali alimentari completata da una dietista durante l’assistenza dei pasti delle pazienti. La Structured Clinical Interview (SCID DSM-IV) è stata somministrata per valutare la presenza di disturbi mentali coesistenti al disturbo dell’alimentazione. I risultati dello studio hanno evidenziato che rituali alimentari miglioravano dall’inizio del trattamento, a 4 settimane e alla fine della terapia e che la percentuale dei pazienti con almeno un rituale alimentare al basale si riduceva dall’87,7% al 71,2% dopo 4 settimane e al 41,1% alla fine del trattamento.
Nel mondo occidentale circa 2 adolescenti su 10 hanno un peso in eccesso. Oltre la metà di loro riferisce di prese in giro e critiche feroci per via del proprio peso. Se da un lato risulta prevedibile che questo “pesismo” sia praticato dai pari età, dall’altro, stupisce osservare che in molti casi siano familiari (fratelli, cugini e persino genitori) e tutor (insegnanti, allenatori) a metterlo in atto con frasi e gesti.
Dall’indagine, inoltre, risulta che i nuovi sistemi di comunicazione e i social hanno un ruolo nel mantenere questo problema: su facebook e twitter si utilizzano di frequente espressioni, frasi, immagini e teorie che sminuiscono e vessano le persone con eccesso di peso. Anche la scuola è un contenitore dove di frequente sono riscontrabili eventi di intolleranza al peso. Riportiamo il caso di una classe di quinta elementare divisa in due gruppi: le puntine e le ciccione. Le prime tendevano ad isolare le seconde, tanto da boicottare la loro presenza ai compleanni. Una delle bambine appartenente al gruppo delle “ciccione” è stata trovata dalle maestre in bagno nel tentativo di vomitare.
I responsabili della ricerca indicano alcuni accorgimenti utili da adottare.
A cura di Riccardo Dalle Grave, AIDAP Verona
Nel gennaio 2024, The New York Times Magazine ha pubblicato un articolo dal titolo provocatorio: “Should Patients Be Allowed to Die From Anorexia?” (Ai pazienti dovrebbe essere permesso di morire di anoressia?). Questa domanda, apparentemente estrema, ha riacceso un dibattito che coinvolge medici, psicologi, pazienti e famiglie: fino a che punto una persona affetta da anoressia nervosa grave può essere considerata in grado di rifiutare le cure?
La questione della capacità decisionale è centrale nel dibattito. Tradizionalmente, i medici valutano questa capacità in base a quattro criteri principali delineati da Appelbaum e Grisso nel 1988:
Comprensione delle informazioni mediche ricevute.
Consapevolezza della propria condizione e delle conseguenze delle proprie scelte.
Capacità di ragionamento e valutazione delle opzioni disponibili.
Espressione di una scelta coerente con i propri valori e desideri.
Verso un approccio più ampio e multidisciplinare:
Una valutazione multidisciplinare, con il coinvolgimento di psichiatri, nutrizionisti, eticisti e assistenti sociali, per ottenere un quadro più completo della situazione.
Un supporto a lungo termine, che preveda opzioni di cura flessibili e adattabili alle necessità del paziente, piuttosto che soluzioni drastiche di accettazione o rifiuto totale.
Una comunicazione trasparente, che aiuti i pazienti a comprendere le opzioni disponibili, riducendo il rischio che la decisione venga vissuta come una coercizione.
Il coinvolgimento della famiglia, che spesso può offrire un sostegno cruciale nel processo di cura.
di Selvaggia Sermattei – AIDAP Empoli e Firenze
https://www.aidap.org/.../preoccupazioni-per-il-peso-o.../
Nel campo dei disturbi dell’alimentazione la ricerca non ha ancora chiarito se la preoccupazione per l’immagine corporea rappresenti una caratteristica chiave della psicopatologia o più semplicemente un epifenomeno. Infatti, mentre alcuni autori hanno recentemente proposto di considerare l’anoressia nervosa (AN) come un mero disturbo dell’immagine corporea, altri ritengono che questa concettualizzazione sia riduttiva e semplicistica rispetto alla natura multifattoriale del problema. Per quanto la revisione della storia del disturbo mostri come la paura del peso sia stata descritta raramente fino al 1930, ad oggi, c’è evidenza in letteratura della relazione fra il timore di aumentare di peso e un più alto livello di psicopatologia nell’anoressia nervosa e sul ruolo della preoccupazione per l’immagine corporea nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione
Di fatto, la moderna teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione considera la preoccupazione per l’immagine corporea una caratteristica clinica che deriva direttamente dall’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, cioè dalla psicopatologia specifica e centrale della maggior parte dei disturbi dell’alimentazione. Sulla base di questo presupposto, la terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E), derivata dalla teoria stessa e che ha un’efficacia basata sull’evidenza scientifica, mira proprio ad affrontare queste caratteristiche.
A cura di Francesco Jarrera UOL AIDAP
Soluzioni e programmi per perdere peso, fraudolenti e dannosi: franchising del dimagrimento, libri di diete speciali, integratori alimentari, intolleranze, diete dei gruppi sanguigni. Si tratta di proposte veicolate con messaggi simili: “È infallibile”, “Milioni di persone ci sono già riuscite”, “Non servono sacrifici”, “È sano e naturale”. Un vero e proprio bombardamento social di false notizie su alimentazione e perdita di peso.
Le statistiche indicano che circa il 50% delle persone con eccesso di peso ha fatto ricorso a prodotti e sistemi dimagranti che promettevano una perdita di peso senza il bisogno di mangiare di meno; allo stesso tempo il 90% di coloro che li hanno sperimentati li definisce inefficaci. Questi risultati sono chiari: siamo di fronte ad un inganno colossale che coinvolge quotidianamente milioni di persone e la loro salute.
di Francesco Iarrera Responsabile UOL AIDAP Oliveri. Referente Regionale AIDAP SICILIA
Quando ho chiesto ad Antonina di raccontarmi come abbia fatto a guarire dall’anoressia, lei ha risposto con una metafora: “Ha presente le malattie infettive del ‘700? Oggi sono sconfitte dalla scoperta del vaccino. La terapia che mi ha insegnato lei è stata il mio vaccino. Mi sento come i soldati che tornano dalle guerre: una sopravvissuta.”
Antonina è sempre stata una ragazza casa e chiesa. Niente di speciale, se non fosse stato per l’anoressia e che lei in Dio ci crede davvero. Si è ammalata a 12 anni e per i successivi 19 ha condiviso la sua vita con l’anoressia.
Quando le ragazze imparavano la prima cotta, lei iniziava a pesare il cibo. Quando le compagne di classe tossivano di nascosto la prima sigaretta, lei contava le calorie. Quando le amiche sognavano di amori infiniti, lei correva a bruciare calorie.
Mentre le mamme si incantavano per la prima poppata, Antonina non aveva il ciclo.
L’anoressia le ha sequestrato gli anni migliori dell’esistenza. Eppure, quando ne parla è gentile come una farfalla: “la malattia ha provato a togliermi il dono della vita. Oggi posso dire che mi ha insegnato ad apprezzarne ogni suo frammento”.
Al primo incontro è entrata in stanza in punta di piedi. Come se i suoi 30 chili potessero urtare e buttare giù i mobili.
Sorrideva molto e ha chiesto come mi sentissi. L’anoressia le stava violentando il corpo ma non ne aveva intaccato l’animo nobile.
Era rassegnata. L’ultimo specialista che l’aveva visitata era stato categorico: “anoressia cronica”. All’epoca aveva 28 anni e non era possibile, dicevano, guarire dopo 16 anni di una malattia che passa dalla bocca e ti conquista la testa.
Oggi ha 33 anni e tutti i giorni mi manda per messaggio una pagina del diario in cui racconta della sua nuova vita. Ogni parola è un inno alla gioia di esistere. Ogni frase una speranza che abbatte muri e scala montagne.
"Antonina”, le ho detto qualche mese fa, “credo che la terapia possa chiudersi qua. Tu non hai più l’anoressia”.
“Dottore, ma era cronica.”
“Nessuno dei due ci ha creduto e sei guarita”
di Riccardo Dalle Grave e Simona Calugi
La prevalenza, le caratteristiche cliniche e le conseguenze mediche dei disturbi dell’alimentazione nelle persone affette da diabete di tipo 1 hanno ricevuto crescente attenzione da quando le segnalazioni di questa pericolosa combinazione sono state pubblicate per la prima volta negli anni ’80 (Szmukler, 1984).
La diagnosi di disturbo dell’alimentazione nelle persone con diabete di tipo 1 è difficile, perché c’è una tendenza a nascondere e a negare l’adozione di comportamenti alimentari problematici.
Segni d’allarme che possono far sospettare la presenza di un disturbo dell’alimentazione in un paziente con diabete di tipo 1
-Aumenti non spiegabili dei valori di emoglobina glicata (HbA1c)
-Ripetuti episodi di chetoacidosi diabetica per omissione di insulina
-Preoccupazioni estreme per il peso e la forma del corpo
-Paura morbosa di ingrassare
-Evitamento della misurazione del peso o frequente misurazione del peso
-Sensazione di essere grassi
-Check della forma del corpo frequenti ed anomali
-Adozione di regole dietetiche estreme e rigide
-Episodi di abbuffata ricorrenti
-Episodi di vomito autoindotto ricorrenti
-Uso improprio di lassativi e/o diuretici
-Esercizio fisico eccessivo
-Amenorrea secondaria
di
Riccardo Dalle Grave e Simona Calugi
La prevalenza, le caratteristiche cliniche e le conseguenze mediche dei disturbi dell’alimentazione nelle persone affette da diabete di tipo 1 hanno ricevuto crescente attenzione da quando le segnalazioni di questa pericolosa combinazione sono state pubblicate per la prima volta negli anni ’80 (Szmukler, 1984).
Segni d’allarme che possono far sospettare la presenza di un disturbo dell’alimentazione in un paziente con diabete di tipo 1
⚪️Aumenti non spiegabili dei valori di emoglobina glicata (HbA1c)
⚪️Ripetuti episodi di chetoacidosi diabetica per omissione di insulina
⚪️Preoccupazioni estreme per il peso e la forma del corpo
⚪️Paura morbosa di ingrassare
⚪️Evitamento della misurazione del peso o frequente misurazione del peso
⚪️Sensazione di essere grassi
⚪️Check della forma del corpo frequenti ed anomali
⚪️Adozione di regole dietetiche estreme e rigide
⚪️Episodi di abbuffata ricorrenti
⚪️Episodi di vomito autoindotto ricorrenti
⚪️Uso improprio di lassativi e/o diuretici
⚪️Esercizio fisico eccessivo
⚪️Amenorrea secondaria
Trattamento
https://www.aidap.org/.../quando-disturbo-alimentazione.../
Riccardo Dalle Grave – Unità Operativa Locale AIDAP Verona
Una nuova teoria cognitivo comportamentale del BED, che integra i meccanismi cognitivo comportamentali ben consolidati che mantengono gli episodi di abbuffata con ulteriori processi cognitivi e comportamentali che contribuiscono al mantenimento di un peso elevato (Figura). Sebbene non tutti questi fattori di mantenimento siano presenti nelle persone con BED, ogni paziente riporta una combinazione di questi elementi.
⚪️Eventi e cambiamenti emotivi associati:
- il cibo può essere utilizzato come distrazione da eventi avversi e problemi.
- il cibo può aiutare ad alleviare stati emotivi negativi.
- il cibo è spesso impiegato come mezzo di autogratificazione.
⚪️ Eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo
⚪️ Obiettivi di peso irrealistici
⚪️ Dieta disfunzionale
⚪️ Alimentazione eccessiva e sregolata
-Saltare i pasti
-Fare spuntini frequenti o spiluccare tra i pasti
-Consumare porzioni eccessive e cibi “spazzatura” ricchi di calorie, grassi saturi, zuccheri e/o sale (ad es. hamburger, hot dog, pollo fritto, patatine fritte, bevande zuccherate, dolci trasformati, pizza)
⚪️Peso elevato e vita sedentaria
⚪️Stigma del peso interiorizzato
Lo stigma del peso interiorizzato si verifica quando gli individui adottano come proprie le credenze sociali negative e stereotipate nei confronti delle persone con peso elevato. Ciò li porta a percepirsi inferiori rispetto a chi riesce a controllare il proprio peso, sviluppando pensieri continui di autocritica come: “Sono così pigro”, “Non ho forza di volontà”, “Mi odio perché non ho alcun autocontrollo”, “Sono un fallimento”.
La nuova teoria cognitivo-comportamentale del mantenimento del BED è innovativa perché riconosce l’importanza di affrontare non solo gli episodi di abbuffata, ma anche l’alimentazione sregolata ed eccessiva tra un episodio e l’altro.
Numerosi studi hanno osservato che il supporto del coniuge è un fattore che influenza la riduzione del peso nelle donne con diabete di tipo 2 e obesità. Inoltre, il sostegno familiare è risultato efficace nell’adozione di comportamenti che promuovono la salute tra i pazienti con malattie cardiovascolari e nell’aderenza alle linee guida sull’attività fisica e sui comportamenti dietetici salutari dei membri della famiglia cronicamente malati. È stato anche dimostrato che il supporto familiare si correla positivamente con i livelli di attività fisica delle persone.
Questi dati hanno spinto i teorici della terapia cognitivo comportamentale dell’obesità (CBT-OB) a coinvolgere di routine i membri della famiglia (es. il coniuge, il partner, i genitori) nel trattamento, con l’obiettivo di creare un ambiente ottimale per facilitare il cambiamento di stile di vita del paziente
L’anoressia nervosa atipica è contraddistinta da una psicopatologia e da complicanze mediche simili a quelle riscontrate nell’anoressia nervosa. Le persone con anoressia nervosa atipica presentano una più lunga durata del disturbo e una maggiore perdita di peso prima di ricevere una terapia adeguata rispetto a chi è affetto da anoressia nervosa.
Nell’anoressia nervosa atipica risultano soddisfatti tutti i criteri dell’anoressia nervosa tranne quello relativo al peso: difatti nonostante la significativa perdita di peso, la persona rimane all’interno o al di sopra del range di normalità. Il tasso di prevalenza è 2-3 volte maggiore rispetto all’anoressia nervosa e quello di ospedalizzazione 5 volte più elevato. Negli adolescenti con anoressia nervosa atipica è stata anche osservata una maggior gravità della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione (DA) così come un incremento dei livelli di ansia, depressione e insoddisfazione corporea. Occorre anche considerare che i giovani con una storia di peso più elevato antecedente all’esordio del DA possono trovarsi a dover fronteggiare maggiori pregiudizi e stigma relativi al proprio peso. I pari, la società e anche i professionisti sanitari potrebbero reputare l’anoressia nervosa atipica come “meno grave” e comportarsi di conseguenza. In campo medico, l’attenzione al peso, il timore della diffusione dell’obesità, la promozione/incoraggiamento alla perdita di peso (che può impattare in modo negativo, ad es. comportamenti alimentari problematici, senso di inadeguatezza verso il proprio corpo, vergogna) tende a perpetuare l’erronea concezione secondo cui solamente il peso costituisca un indicatore di salute.
Il FBT è considerato l’intervento con maggior supporto empirico per adolescenti con anoressia nervosa. Questo tipo di trattamento coinvolge tutti i membri del nucleo familiare. Il focus è posto sul recupero del peso come elemento chiave per la remissione del DA e sul ruolo svolto dalla famiglia.
di Pamela Todesco e Maria Pitarresi
“Amare se stessi dovrebbe prevedere una cultura alimentare rigorosa, nella quale applicare ciò che si è scoperto grazie alla divulgazione dei risultati della scienza. Circa il 50% delle malattie più gravi e invalidanti è riconducibile allo stile di vita, e stile di vita significa anche alimentacanavcanvacanvazione”. Umberto Veronesi
Un primo passo importante è affrontare il problema del peso in eccesso attraverso un approccio orientato a modificare lo stile di vita. I programmi tradizionali per affrontare il sovrappeso e l’obesità si basano sulla prescrizione della dieta e dell’attività fisica, ma raramente queste creano una modificazione dello stile di vita perché non aiutano ad acquisire le conoscenze e le abilità necessarie per effettuare questo cambiamento. Il risultato è che nella maggior parte dei casi si recupera l’intero peso perduto.
I programmi più efficaci sono quelli improntati ad aiutare la persona ad esaminare alcuni dei processi psicologici sottostanti alla difficoltà che la persona ha a modificare lo stile di vita. Tra gli aspetti che vanno trattati vi sono i seguenti:
-le linee guida per una sana alimentazione;
psicoeuducazione rispetto alle diagnosi di alimentazione incontrollata e di bulimia nervosa;
-acquisizione delle competenze per calcolare la spesa energetica a riposo, il fabbisogno energetico giornaliero (TDEE), il BMI;
-conoscere cos’è il peso salutare;
-imparare a monitorarsi;
-riconoscere i segnali di fame e sazietà;
-esplorare le emozioni che incidono sull’alimentazione;
-imparare a rilassarsi nei momenti di maggior tensione;
-conoscere quali sono le condizioni psicologiche e fisiche che favoriscono le abbuffate;
-mettere ordine nella propria alimentazione e programmare i pasti;
-imparare a fare la spesa in modo consapevole e leggere in modo corretto le etichette;
-combattere l’influenza del contesto;
-acquisire strategie specifiche per vincere le abbuffate
Il trattamento dell’anoressia nervosa basato sulla terapia della famiglia include una serie di approcci derivati da teorie diverse che coinvolgono la famiglia nel trattamento. In un recente revisione sistematica Cochrane, Fisher e coll. hanno incluso nella loro analisi terapie sviluppate sulla base di teorie dei sistemi familiari dominanti, approcci che sono basati su o che sono sostanzialmente simili alla terapia basata sulla famiglia derivata dal modello di Maudsley, approcci che includono un focus sulla ristrutturazione cognitiva, così come approcci che coinvolgono la famiglia senza l’articolazione di un approccio teorico. La revisione è un aggiornamento della revisione Cochrane pubblicata per la prima volta nel 2010.
-Ci sono evidenze limitate di bassa qualità che suggeriscono che gli approcci terapeutici familiari possono essere efficaci rispetto al trattamento as usual a a breve termine. Questo risultato si basa su due studi che includevano solo un numero limitato di partecipanti, ed entrambi avevano problemi potenziali di bias.
-Non ci sono evidenze sufficienti per determinare se gli approcci terapeutici familiari abbiano dei vantaggi rispetto agli interventi educativi (uno studio, di qualità molto bassa) o altre terapie psicologiche (cinque studi, di qualità molto bassa) in persone di qualsiasi età. La maggior parte degli studi che hanno contribuito a questo risultato sono stati intrapresi negli adolescenti e nei giovani.
-Ci sono chiari potenziali impatti sul modo in cui gli approcci terapeutici familiari possono essere erogati a gruppi di età differenti de è necessario un ulteriore lavoro per capire quali potrebbero essere gli effetti risultanti sull’efficacia del trattamento.
-Non ci sono evidenze sufficienti per determinare se un tipo di approccio alla terapia familiare sia più efficace di un altro. Il campo potrebbe trarre beneficio da ulteriori studi ampi e ben condotti.
Lo studio dei cambiamenti che si verificano durante i trattamenti psicologici è una delle grandi sfide nella ricerca clinica. Tuttavia, c’è una crescente evidenza che i sudden gains, cioè gli ampi, rapidi e stabili miglioramenti della sintomatologia tra due sedute consecutive di trattamento sembrano associarsi alla riduzione della sintomatologia e al miglioramento della relazione terapeutica e dell’esito, dopo la conclusione del trattamento.
Gli effetti positivi dei sudden gains sull’esito del trattamento sono stati dimostrati nella psicoterapia della depressione, dei disturbi d’ansia, del disturbo ossessivo-compulsivo, del disturbo post-traumatico da stress e del disturbo di panico.
-Nel campo del trattamento psicologico dei disturbi dell’alimentazione è stata fatta poca ricerca sugli effetti dei sudden gains, a causa della mancanza di uno strumento adeguato in grado di identificarli.
-La maggior parte degli strumenti disponibili e validati per la misurazione della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione (per es. Eating Disorder Examination interview (EDE) ed Eating Disorder Examination Questionnaire (EDE-Q)) coprono un periodo di 28 giorni e non sono stati progettati per rilevare i cambiamenti che si verificano da una seduta all’altra, ma solo per evidenziare una “risposta rapida” al trattamento, cioè un cambiamento clinicamente significativo dei sintomi specifici del disturbo entro la prima metà del percorso terapeutico.
Per far fronte a questo problema e per migliorare il trattamento dei pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione, il gruppo di ricerca clinica dell’Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda ha ideato e validato un nuovo questionario, chiamato Eating Problem Checklist (EPCL).
L’Eating Problem Check List (EPCL) è un questionario composto da 16 item, sviluppato dell’equipe dell’Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda per valutare la frequenza dei comportamenti e della psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione negli ultimi 7 giorni. Il questionario è suddiviso in due sezioni. La prima include 7 item che valutano il numero di episodi dei comportamenti legati al disturbo dell’alimentazione presenti negli ultimi 7 giorni, ed in particolare:
-Abbuffate oggettive
-Abbuffate soggettive
-Vomito auto-indotto
-Uso improprio di diuretici
-Uso improprio di lassativi
-Esercizio fisico eccessivo
-Misurazione del peso
La seconda sezione compore 11 item che valutano, su una scala Likert a 5 punti (0 = mai; 4 = sempre), la seguente psicopatologia del disturbo dell’alimentazione negli ultimi 7 giorni:
-Evitamento del cibo
-Riduzione delle porzioni
-Check dell’alimentazione
-Check della forma del corpo
-Evitamento dell’esposizione del corpo
-Preoccupazione per il peso
-Preoccupazione per la forma del corpo
Preoccupazione per il controllo dell’alimentazione
-L’analisi fattoriale condotta sugli item della seconda sezione hanno prodotto due sottoscale;
-Preoccupazione per l’immagine corporea
-Preoccupazione per l’alimentazione
L’infanzia è un periodo della vita importante per affrontare i problemi di salute pubblica in generale e dell’obesità in particolare. I bambini con obesità non hanno ancora completato il loro processo di crescita e riuscire a rallentare il tasso di aumento di peso o a produrre un modesto calo ponderale può aiutarli a normalizzare il peso corporeo. Inoltre, aiutare i bambini a raggiungere un peso salutare non migliora solo la loro salute fisica attuale ma anche la quella futura, perché l’obesità nell’infanzia è un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi dell’alimentazione e di obesità nell’adolescenza e nell’età adulta.
-La FBT ha l’obiettivo di aiutare il bambino a creare un deficit calorico di 500 kcal al giorno attraverso la riduzione dell’assunzione di cibi ad altra densità energetica e non salutari e l’incremento di nutrienti a bassa densità energetica. La FBT aiuta i bambini a categorizzare gli alimenti in modo amichevole usando i colori del semaforo: cibi rossi (Fermati e pensa), cibi gialli (Procedi con cautela e stai attento alle porzioni) e cibi verdi (Vai!). I cibi rossi sono quelli ad alta densità energetica o di scarso valore nutrizionale (per es. patatine, caramelle, bevande zuccherate); i cibi verdi (per es. pane integrale e pasta) hanno un contenuto calorico maggiore di quelli verdi, ma un migliore valore nutrizionale di quelli rossi, mentre la maggior parte della frutta e della verdura è inclusa nei cibi verdi. Un altro obiettivo della FBT è modificare la preferenza del gusto dei bambini, per cui anche alcuni cibi ipocalorici (per es. le bevande e i cibi che contengono sostituti dello zucchero o i biscotti a basso contenuto di grassi) sono considerati cibi rossi. Infine, un altro metodo usato per aiutare i bambini a migliorare la qualità della loro alimentazione e a ridurre l’introito calorico è incoraggiare i genitori a consumare la maggioranza dei pasti a casa.
- Si usano i colori del semaforo anche per aiutare i bambini a comprendere in modo amichevole l’intensità dell’attività fisica e gli equivalenti metabolici (METs). Per esempio le attività verdi (Vai!) sono quelle che comportano un consumo di 5 o più METs, le gialle (Lento) tra 3 e 5 METs e le rosse (Stop) meno di 3 METs. Esempi di attività rosse sono guardare la televisione, giocare ai video games, messaggiare con lo smartphone e usare il computer. Qualsiasi tempo speso al computer o seduti per fare i compiti o a scuola non è invece considerato un’attività rossa
Gli integratori vitaminici e minerali sono frequentemente raccomandati e usati e per migliorare la salute in generale e aumentare la longevità. Nel 2012, secondo i dati riportati dal National Health and Nutrition Survey, è stato calcolato che circa il 52% della popolazione degli Stati Uniti d’America assumeva supplementi vitaminici e minerali, sebbene nella comunità scientifica non ci sia ancora un consenso se questa integrazione alla dieta abbia un effetto benefico nella prevenzione e nel trattamento delle malattie cardiovascolari (CVD).
Un gruppo di ricercatori, guidati dal famoso nutrizionista canadese David Jenkins (ideatore dell’indice glicemico), ha recentemente pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology una revisione sistematica e metanalitica di 179 trial randomizzati e controllati (RCT), pubblicati dal gennaio 2012 all’ottobre 2017, sugli effetti dell’integrazione vitaminica e minerale nella prevenzione e nel trattamento delle CVD.
https://www.aidap.org/.../la-maggior-parte-degli.../
Gli autori hanno trovato che nessuno dei quattro supplementi vitaminici e minerali (multivitaminici, vitamina D, calcio e vitamina C) ha un effetto significativo nelle CVD e in tutte le cause di mortalità. L’unica eccezione sembra essere l’effetto benefico dell’acido folico nella prevenzione dell’ictus. In due dei sette RCT l’acido folico ha determinato una riduzione del rischio di ictus (RR, 0.80, P=.003), un dato confermato dal China Stroke Primary Prevention Trial. Gli autori canadesi hanno anche trovato che la niacina e gli antiossidanti sembrano aumentare il rischio di tutte le cause di mortalità, mentre le vitamine A, B6 ed E, i multivitaminici, il beta-carotene, lo zinco, il ferro, il magnesio e il ferro non hanno un effetto significativo nelle CVD e in tutte le cause di mortalità.
Gli autori, commentando i loro risultati, concludono che l’evidenza attuale è insufficiente per raccomandare singoli nutrienti o loro combinazioni (ad eccezione del beta-carotene e della vitamina E, che non vanno raccomandati) per prevenire e trattare le CVD e il cancro. In assenza di ulteriori studi, i dati attuali rinforzano il consiglio di focalizzarsi su modalità alimentari salutari, piuttosto che sui supplementi nutrizionali, cercando di incrementare l’assunzione di alimenti vegetali che contengono la maggior parte delle vitamine e dei sali minerali necessari.
di Riccardo Dalle Grave e Simona Calugi
L’obesità è la più frequente condizione medica osservata nelle persone con disturbi dell’alimentazione. Coesiste frequentemente con il disturbo da binge-eating e con alcuni casi di bulimia nervosa. L’obesità può precedere la comparsa di un disturbo dell’alimentazione, rappresentando a volte un fattore di rischio per il suo sviluppo o essere la conseguenza degli episodi ricorrenti di abbuffata. I disturbi dell’alimentazione e l’obesità, quando coesistono, tendono a interagire negativamente tra loro e a rendere più difficile il trattamento.
https://www.aidap.org/.../quando-il-disturbo.../
- La perdita di peso è SEMPRE controindicata quando l’obesità coesiste con la bulimia nervosa, perché la dieta mantiene la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione aumentando le preoccupazioni per l’alimentazione, la frequenza degli episodi di abbuffata e l’intensità dell’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo (vedi Figura).Le persone con bulimia nervosa hanno, infatti, la tendenza a reagire in modo negativo ed estremo, spesso dicotomico, alla quasi inevitabile rottura delle regole dietetiche adottate per perdere peso ed anche una piccola trasgressione tende ad essere interpretata come la prova di scarso autocontrollo e debolezza personale. La risposta a questa percepita mancanza di autocontrollo porta ad un temporaneo abbandono dello sforzo di restringere l’alimentazione che sfocia nell’episodio di abbuffata. Quest’ultimo mantiene la psicopatologia specifica e nucleare intensificando le preoccupazioni di essere incapaci di controllare il peso, la forma del corpo e l’alimentazione, e incoraggia un’ulteriore restrizione dietetica, aumentando così il rischio di altri episodi di abbuffata. La perdita di peso può essere considerata solo dopo un periodo prolungato di remissione dalla bulimia nervosa (almeno un anno), ma deve essere realistica e strutturata con un piano alimentare moderatamente ipocalorico e “flessibile” in modo tale da non favorire la ricaduta.
di Riccardo Dalle Grave
https://www.aidap.org/.../perdita-di-controllo-nei.../
La chirurgia bariatrica è attualmente il trattamento più efficace per la cura dell’obesità grave e determina una significativa perdita di peso a breve e a lungo termine associata a miglioramenti e, in alcuni casi, alla risoluzione di comorbidità mediche e psicosociali. Nonostante ciò esiste una significativa variabilità individuale nella perdita di peso osservata fino a tre e sette anni sia dopo l’intervento di sleeve gastrectomy sia dopo il by-pass gastrico. Inoltre, una percentuale considerevole di pazienti non raggiunge la perdita di peso prevista e, anche tra quelli che la raggiungono, il recupero di peso dopo l’intervento è frequente. Gli studi eseguiti concordano che la perdita di controllo nei confronti dell’alimentazione e il disturbo da binge-eating pre-operatori hanno scarso valore predittivo nei confronti della perdita di peso post-operatoria. Al contrario, la perdita di controllo nei confronti dell’alimentazione nel periodo post-operatorio si associa a una minore perdita di peso e a uno scadente funzionamento psicosociale.
Per caratterizzare la natura della perdita di controllo nei confronti dell’alimentazione dopo l’intervento di sleeve gastrectomy, il gruppo di ricerca dell’Università di Yale diretto dal prof Carlos Grilo, uno dei massimi esperti mondiali del disturbo da binge-eating, ha valutato 431 pazienti che hanno richiesto un trattamento per la presenza di preoccupazioni per l’alimentazione e il peso.
Un punto di forza dello studio è stato quello di valutare la perdita di controllo nei confronti dell’alimentazione utilizzando l’intervista semistrutturata Eating Disorder Examination (EDE) e la versione EDE per la Chirurgia Bariatrica: due strumenti che putrtoppo sono scarsamente utilizzati nei centri clinici che si occupano di chirurgia bariatrica
di Selvaggia Sermattei – AIDAP Empoli e Firenze
Riferimento: Calugi et al., Eating and Weight Disorders (2018)
Obiettivo dello studio:
Valutare se l’aderenza alla dieta, la soddisfazione per il peso perso e l’entità del calo ponderale, misurati seduta per seduta durante la fase di perdita di peso, possano predire il mantenimento del peso a sei mesi.
https://www.aidap.org/.../lassociazione-fra-il.../
88 pazienti con obesità seguiti per 6 mesi hanno mostrato che:
- Una buona aderenza alla dieta
- Una crescente soddisfazione per il peso perso
- Una perdita di peso costante
… sono i 3 fattori chiave per il successo a lungo termine.
Chi ha mantenuto almeno il -10% di peso corporeo:
- Era più aderente alla dieta già dopo 11 settimane
- Mostrava soddisfazione ≥8/10 dopo 19 settimane
- Aveva perso più peso entro metà percorso
Un punteggio di soddisfazione ≤7 dopo 5 mesi può prevedere una futura ripresa del peso.
Un segnale utile per intervenire in tempo e supportare meglio i pazienti.